A volte, prendendo e perdendo tempo in questi giorni di quarantena generale, si fanno delle scoperte che hanno del sorprendente. E così vogliamo raccontare una curiosità, un piccolo e sottile filo che lega il nostro Benaco al Nuovo Mondo.

L’anno è il 1891. Il luogo è l’allora Welsch-Tirol, il “Tirolo straniero” dell’impero austroungarico, corrispondente alla provincia di Trento. Il 29 gennaio di quell’anno viene inaugurata la Lokalbahn Moor-Arck-Reif am Gardasee, meglio conosciuta come “Ferrovia Mori-Arco-Riva”, una linea ferroviaria a scartamento ridotto bosniaco che collegava l’importante asse del Brennero con la riva nord del lago di Garda, già allora meta turistica affermata a livello europeo. La storia di questo breve tronco ferroviario, purtroppo, non è dissimile da quella di altre decine di linee secondarie e terziarie nel nostro paese, messe all’angolo dal furioso propagarsi della motorizzazione, quindi ignorate, soppresse, e messe in un fin troppo silenzioso dimenticatoio.

Eccetto per un particolare poco noto: per l’inaugurazione della linea, vennero trasferite da un’altra ferrovia, la Steyrtalbahn, quattro locotender “C1” (o 0-3-1) di costruzione Krauss, entrate poi a far parte del gruppo 298 ÖBB. Una di queste quattro, numero di fabbrica KrLi 2360/90, battezzata “Riva” e targata col numero 2, è la protagonista di uno dei più curiosi casi di “locomotive giramondo”: ritirata nel 1914, ha prestato servizio fino al 1918 presso due Heeresfeldbahnen, o ferrovie da campo militari, fra cui la kukHB Uhnów – Hrubieszów tra Polonia ed Ucraina; poi è stata impiegata dalle PKP, le ferrovie dello stato polacche fino al 1939 come numero XIV 2360; è stata immatricolata per brevissimo tempo presso le SŽD, le ferrovie dello stato sovietico, prima di essere trasferita nel 1941 in Ungheria come MÁV 395.104, e infine in Romania come CFR 395.104, dove ha prestato servizio sulla linea Alba Julia–Zlatna fino al 1968. Se tutto si fosse fermato là, alle ferrovie dello stato della Romania, avremmo anche potuto evitare di metterci a scrivere un post. Perché la storia non è affatto finita.

L’anno è il 1963. Il luogo è la cittadina di Omaha, Nebraska, “casa base” della celeberrima Union Pacific e, in sé e per sé, meta di pellegrinaggio per ogni feramatore americano che si possa definire tale. È l’anno del centenario della costituzione di quella che, assieme alla Central Pacific, avrebbe costruito la prima ferrovia transcontinentale al mondo e, per festeggiare, si decide di sponsorizzare la costruzione di una ferrovia in miniatura all’interno dell’Omaha Zoo. Lo scartamento scelto per i 3.2 chilometri di tracciato è quello da 2 piedi e 6 pollici, appena 2 millimetri più largo dello scartamento ridotto bosniaco, pari a 760 millimetri. Per i primi dieci anni di servizio, l’unica locomotiva in servizio presso la “Omaha Zoo Railroad” è una copia in scala ridotta della UP 119, la locomotiva di Promontory Point e del chiodo d’oro che unì l’est all’ovest degli Stati (finalmente) Uniti d’America. Ma negli anni Settanta lo zoo ha un problema di capacità, e si rivolge al mercato dell’usato per trovare qualcosa che facesse al caso loro.

Per puro caso, una locomotiva a vapore di costruzione austriaca, targata “Riva”, si trova accantonata in Romania, e la Plasser and Theurer, divenutane nel frattempo proprietaria, decise di donarla allo zoo omahense. Le operazioni di restauro furono affidate nientemeno che alle leggendarie officine della Union Pacific, recentemente impegnate per ridare vita e vapore alla 4014 “Big Boy”, che dovettero “americanizzarla” con l’aggiunta di una pompa per i freni, di un bruciatore per la conversione dell’alimentazione dal carbone all’olio combustibile, e di una campana. La rinata “Riva” rientrò in servizio, per la nona volta, nel 1976 durante un evento annuale dedicato alle famiglie, e lì è tutt’ora in servizio, a centotrent’anni dalla sua costruzione.